Nel 1980, firmando il saggio Lamento per l'Afghanistan, lo scrittore britannico coglieva i primi segni di un'Asia in trasformazione, elencando con nostalgia le cose che la sua generazione di viaggiatori aveva conosciuto e amato, come i giardini dell'imperatore Babur e “il dolce resinoso profumo del legno dei cedri Deodara”.
Lo stesso desiderio di conoscere il mondo accomuna Chatwin a certi illustri varesini, che non affidarono a un diario le proprie memorie di viaggio, bensì ai loro giardini. Per questo a Varese sopravvive ancora oggi un angolo di quell'Oriente perduto.
Villa Toeplitz porta il nome del banchiere polacco che ne acquistò la proprietà nel 1914. Ma la sistemazione del parco, avvenuta negli anni Venti, si deve soprattutto al gusto della moglie Edvige, che di ritorno da una visita nel Kashmir riportò la fascinazione per i giardini moghul. A quelli dovettero ispirarsi i professionisti dello studio parigino Collin-Adam nel progettare i giochi d'acqua della villa varesina. Scalinate di pietra, vasche comunicanti e canali a raso sono il risultato di un perfetto equilibrio tra artificio e natura.
Intorno si estende un parco eclettico ricco di essenze rare e pregiate, che ne fanno uno dei giardini più belli d'Italia. Perché non sceglierlo come luogo ideale per una buona lettura? Magari proprio all'ombra di un cedro Deodara, arrivato dalle lontane regioni dell'Himalaya.
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